amaca tintorero oriwaca ambientata in giardino

In questo articolo vedremo insieme la storia, le tipologie, la guida all’uso e i benefici di questo bene prezioso, protagonista della storia dell’umanità.

«L’amaca, una curvatura dove trama e ordito sembrano sempre in movimento, pronti al riposo e alla pace. La dolce serenità che offre l’amaca non è prodotta da nessun altro tipo di letto in Occidente: ha quel potere quasi cosmico, magico, di metterci a disposizione dell’Universo».*

L’amaca è un giaciglio in tessuto, sospeso tra 2 punti di sostegno. È una sorta di letto sollevato, utilizzato per dormire o riposare. È formata da un intreccio di fili più o meno fitti, intessuti a mano.

Tradizionalmente è realizzata con robusto filato di cotone, tipo corda, e, in origine, con fibre vegetali locali. Quale che sia il filato di partenza, deve essere flessibile e abbastanza robusto da reggere il peso del corpo che accoglie.

Nelle popolazioni indigene del Centro e Sud America l’amaca è un manufatto centrale, perno della vita quotidiana, di cui scandisce i momenti principali: dal riposo al sonno, dall’amore al parto, dalla malattia alla morte.

La sua forma, morbida e concava, è simile a quella di una culla. La sensazione che si prova è quella di stare comodi, leggeri e oscillanti, come quando da infanti eravamo sorretti da braccia sicure, scarichi di ogni peso e responsabilità. È una sensazione che auguro a chiunque di provare e che l’amaca consente di replicare a qualsiasi età.

Origini e storia dell’amaca

È difficile, quasi impossibile determinare esattamente chi e quando ha avuto la genialità della semplice idea di appendere una rete e utilizzarla per dormire o riposare.

Tradizione vuole che l’amaca nasca ai Caraibi e in Sudamerica, dove è tuttora universalmente diffusa, tanto da rappresentare una vera e propria icona di quelle culture.

Per il suo largo uso in Centro America, molti storici assicurano che sia stata inventata dai Maya, ma secondo dati antropologici è molto probabile che derivi dalla cultura Arawak (Haiti), da dove si sarebbe poi diffusa nel resto delle regioni del Centro e Sud America, così come nella penisola dello Yucatan.

Si sostiene che fu creata per necessità, quando l’uomo, in queste calde e umide terre, sentì il bisogno di procurarsi un modo più comodo per rilassarsi e dormire, e il suo brillante ingegno e creatività lo portarono a progettare un letto sospeso. Essere sollevati da terra dava anche la sicurezza di dormire tranquilli, lontano da punture di insetti, morsi di animali e scorrimenti d’acqua durante la notte.

Perché amaca?

Secondo alcuni la parola “hamaca” deriva dal taíno, lingua indigena della etnia Arawak (Haiti), che era parlata in tutte le Antille. Sebbene questa lingua sia ormai estinta, è noto che il significato di hamaca fosse “rete da pesca”.

Uomo taìno su un'amaca, illustrazione

Uomo taíno su un’amaca. Incisione da Oviedo y Valdes, riedizione 1851-55, fonte Bowers Museum.

Altri ritengono che la parola provenga dal nome dell’albero “hammack”, la cui corteccia intrecciata fu uno dei primi materiali a essere utilizzati per l’elaborazione delle amache.

L’origine dell’amaca secondo i Maya, Yucatán-México

L’amaca è una delle espressioni artigianali della civiltà Maya, dove era in uso già mille anni fa.

Le prime amache furono realizzate con la corteccia dell’albero hammack da cui, come abbiamo detto, secondo alcuni deriva il nome. In seguito, alla corteccia fu preferita la fibra di sisal (pianta simile all’aloe vera), sia perché più abbondante e disponibile, sia perché i suoi steli potevano essere facilmente ammorbiditi sfregando contro la coscia. L’uso del cotone è relativamente recente, diffuso solo negli ultimi 50-60 anni.

A causa delle abbondanti rotte commerciali tra gli antichi Maya e le regioni centrali e meridionali dell’America, si pensa che l’amaca sia stata portata da loro in queste regioni.

L’amaca in Colombia

Leggera, fresca e facilmente trasportabile, l’amaca è riuscita a colonizzare anche il territorio colombiano, in particolare le terre calde e aride dove strisciano serpenti e scorpioni. Non è esagerato dire che, da La Guajira all’Amazzonia e da Arauca a Chocó, l’amaca è uno degli oggetti più importanti della vita indigena e meticcia in Colombia.

La leggenda

Per la tribù Wayùu che abita la penisola desertica di La Guajira, nel nord-est della Colombia al confine con il Venezuela, fu il mitico ragno Walekerü a insegnare l’arte della tessitura alle loro artigiane, che la applicarono ad oggetti tipici come amache, borse, zaini, stuoie e sandali, tutti caratterizzati da motivi molto colorati e intricati.

«Wale’kerü, il ragno, è il tessitore.
Insegnò alle donne a tessere,
dalla sua bocca esce il filo
già attorcigliato e preparato».
Mito Wayúu

Ancora oggi i Wayùu tessono come i loro antenati indigeni: con filati di cotone e su un telaio verticale, largo e rettangolare, installato nel patio interno della casa. Si tratta di un open space con tetto di palma, comunicante con la cucina, la lavanderia, le camere da letto e il patio, per non trascurare le faccende domestiche durante la tessitura.

L’amaca assume un ruolo centrale nella cultura Wayùu: la usano per ricevere ospiti o portarli in viaggio; per l’uso quotidiano, le tengono appese all’interno del ranch o nel pergolato esterno, dove si svolge la loro vita sociale. Ci sono semplici e doppie, singoli o multicolore, a righe o con motivi geometrici.

La tradizione venezuelana

La tessitura delle amache rappresenta una delle espressioni artistiche più alte dell’artigianato in Venezuela. Sebbene non manchino artigiani uomini, questa arte appartiene per lo più all’universo femminile e costituisce una delle principali fonti di reddito con cui le donne contribuiscono all’economia domestica.

Nella cultura venezuelana questo manufatto esiste in 2 tipologie:

  • l’hamaca vera e propria (sostantivo femminile), dal tessuto molto compatto, simile a una coperta
  • il chinchorro (sostantivo maschile), termine intraducibile in italiano, che indica un’amaca a maglia larga, simile a una rete da pesca. Quest’ultima è più flessibile e ‘vuota’.

La tradizione è presente a Mérida, Trujillo, Zulia, Lara, Margarita o Monagas, nei Llanos, in Amazzonia o nel Delta dell’Orinoco: là dove sono presenti canne, liane e radici, la materia prima di partenza non manca.

Fibra vegetale di moriche per la tessitura di amache in Venezuela

Fogli e fibre della palma Mauritia Flexuosa (Moriche) per la elaborazione di amache. Delta dell’Orinico-Venezuela.
© Slowmotiongli /Dreamstime.

In particolare nel villaggio di Tintorero (considerato la culla della tessitura dell’amaca in Venezuela), nel comune di Jiménez nello stato di Lara, gli abitanti – uomini e donne – tradizionalmente si dedicavano ogni giorno con passione al loro lavoro di tessitura delle amache, fin dalle prime ore della mattina. È sempre stato così fino a qualche decennio fa; oggi purtroppo le cose sono molto cambiate.

Qui centinaia di telai manuali, realizzati artigianalmente e distribuiti in vari laboratori nel paese, producevano la maggior parte dei tessuti artigianali del Venezuela: innanzitutto amache, ma anche coperte, arazzi, giacche, tappeti e masaya.

Amaca Oriwaka da Tintorero

Amaca Oriwaka tradizionale di Tintorero, Venezuela, ambientata in un giardino in Trentino, Italia.

La scoperta e adozione europea

Colombo scoprì l’esistenza delle amache alle isole Bahamas, suo primo approdo. Dopo pochi giorni dal celebre avvistamento terra, nell’ottobre del 1492, sul suo diario di bordo appuntava con sorpresa che le case degli indigeni erano «in ordine, ben spazzate e molto pulite, ma i mobili erano inesistenti e i letti in reti di cotone» (fonte: Diario del viaggio che ha cambiato il mondo).

Altre fonti successive fungono da prezioso documento storico. Per esempio il cronista e militare spagnolo Gonzalo Fernández de Oviedo y Valdés descrisse le amache caraibiche nel suo Sumario de la natural historia de las Indias, nel 1526, con tanto di illustrazione (fonte): «Gli Indiani dormono in un letto che chiamano “hamaca”, che sembra una stoffa con trama larga o stretta, come una rete, dotata all’estremità di corde di spago con cui si possono appendere a qualunque altezza … Sono letti buoni e puliti… e poiché il clima è caldo non servono coperte… anche un bambino può portarli con sé sotto il braccio».

Circa un secolo dopo, nel 1606, Willson, esploratore della Guyana, scrive di «letti indigeni che chiamano amache; ce ne sono alcune fatte con filo di cotone e altre con corteccia d’albero, su cui si appoggiano appesi» (fonte: Walter E. Roth, An Introductory Study of the Arts, Crafts, and Customs of the Guiana Indians, 1924).

Vent’anni dopo un altro esploratore della regione, Davis, racconta che gli indigeni «hanno una specie di rete fatta con le corde di un albero che chiamano amaca, lunga tre braccia (1,83 m) e larga due; esse sono raggruppate a entrambe le estremità per la lunghezza e ciascuna estremità è attaccata a un albero, a circa un metro e mezzo dal suolo. Quando vogliono dormire ci si arrampicano sopra» (fonte: ibidem).

Grazie alla spedizione di Colombo, le amache fecero la comparsa ufficiale nel vecchio continente insieme a spezie, oro, patate, pomodori, ananas, tabacco, girasoli e mais.

Apprezzatissime dai marinai, furono subito adottate sulle navi a sostituire le cuccette o l’ancor più scomoda sistemazione sul pavimento. Avevano infatti una serie di pregi: occupavano poco spazio, erano immediatamente richiudibili e asportabili, restavano sollevate da terra e dunque a distanza da umidità e insetti; inoltre potevano riequilibrare il rollio della nave e scongiurare così il mal di mare.

Dai tempi di Colombo ad oggi è tanta la strada che ha fatto l’amaca, sbarcando in più culture e territori, al punto che vedere un’amaca sospesa a mezz’aria in giardini, terrazze, balconi, ma anche all’interno di case e appartamenti, è ovunque un segno quasi universale di riposo e relax.

Materiali e la tecnica di lavorazione

Abbiamo già detto che le amache erano originariamente tessute con la corteccia dell’albero di “hamack”; questo materiale è stato poi sostituito con fibre di sisal, foglie di palma e successivamente cotone, poi tinte con coloranti vegetali dando vita a una gran varietà.

In ogni luogo e sito le amache hanno adottato forme di espressione particolari, che le caratterizzano e le differenziano. La varietà delle tecniche, materie prime, disegni, colori e dimensioni utilizzate dipendo dalla tradizione, dal clima e alle fibre presenti in ciascuna regione.

La tecnica per realizzare un’amaca consiste nel formare una rete in cui i fili non sono annodati, bensì intrecciati tra loro. Il risultato è una rete resistente e confortevole che si allunga per adattarsi al corpo.

Nel caso delle amache di fibra vegetale, la preparazione è un processo lungo che contempla una serie di attività: estrazione, lavaggio, asciugatura, torcitura, tintura e filatura. Una volta creato il filo, il lavoro di intreccio è quasi un’opera meditativa, che richiede ritmo, concentrazione, dedizione e pazienza.

In origine gli strumenti erano molto rustici; forse un rozzo coltello, una navetta di legno, un paio di forchette tagliate nel terreno e un rudimentale fuso fatto con un bastone di legno e un volante a forma di piattino di legno, o coperchio, che faceva da contrappeso per attorcigliare le estremità delle fibre su se stesse.

Oggi si utilizza per lo più il telaio di legno orizzontale a pedali e il telaio verticale.

L’amaca come oggetto: elementi, utilizzo, benefici

Benché l’amaca abbia una storia millenaria, la fattura principale, l’uso e le parti che la compongono non sono sostanzialmente cambiati nel tempo. Ma in ogni luogo l’amaca ha adottato le materie prime, forme e tecniche specifiche di quella cultura, tradizione e clima.

Nonostante l’ampia gamma di varianti, gli elementi base sono ricorrenti:

  • la cabuyera, il pezzo superiore formato da un insieme di funi a lunghezza variabile, che terminano con un’ansa ad anello.
  • La testata, unita da un lato alla cabuyera e dall’altro al corpo. È formata da un insieme di corde che si legano ai fili terminali dell’ordito che costituisce il corpo. In alcuni modelli è costituita da un bastone.
  • Il corpo, ovvero l’elemento tessuto centrale, molto distintivo e diverso da un’amaca dall’altra. In alcune la trama è aperta e larga, in altre trama e ordito sono molto più fitti: in questi casi l’effetto è meno elastico e trasparente.
  • La bordura, detta anche frangia o straccio: è un elemento puramente decorativo, che definisce la bellezza del modello e qualità della manifattura. Realizzato all’uncinetto o annodato a maglia, pende come ornamento dalle cimose laterali.

Anatomia di un’amaca

L’amaca in altre tradizioni

Al di fuori dell’America del Centro e Sud, l’amaca è presente nella cultura della Nuova Guinea sud-orientale, dove è diffusa la versione di fibre intrecciate, a rete. Data la distanza geografica, si ritiene che siano invenzioni indipendenti.

Questa distribuzione mostra la dipendenza dell’amaca dal clima tropicale umido, nel quale rappresenta un grande vantaggio sul giaciglio a terra.

Amache di rete o di pelle erano usate come culla da tribù dell’America del Nord.

Quanto alla cultura europea, benché Colombo e altri viaggiatori dopo di lui scoprissero le amache per la prima volta oltreoceano, non mancano fonti iconografiche di epoche precedenti che raffigurano qualcosa di simile, a mo’ di giaciglio o lettiga (fonte).

amaca salterio di Luttrell

Miniatura dal Salterio di Luttrell. Fonte E. Pulvirenti, In amaca con l’arte, didatticarte.

Illustrazione: bambina con bambola su un'amaca

Bambina con bambola su un’amaca, 1902.

Gli usi dell’amaca

Nonostante sia stata originariamente realizzata per rilassarsi o dormire, mitigando l’intenso calore sprigionato dalla terra a certe latitudini, l’amaca ha molteplici altri usi: culla per neonati, supporto per il gioco per bambini, ‘poltrona’ dove accomodarsi a leggere, oggetto di arredo dentro o fuori di casa, letto per il riposo e la convalescenza dei malati.

 

Funzioni e benefici

L’amaca è stata originariamente progettata per dormire, tanto che milioni di persone la usano in tutto il mondo come letto. Quali sono i vantaggi di dormire su un’amaca?

  1. Comodità. Il corpo è sospeso, non ha punti di pressione, ha la sensazione di fluttuare nell’aria.
  2. Rilascio dello stress. Grazie al movimento oscillatorio, primordiale, la mente e il corpo si distendono facilmente e completamente.
  3. A queste condizioni, il sonno è più lungo e profondo.
  4. È un letto di alta qualità, molto più economico rispetto ad altre soluzioni. Non richiede completi coordinati di lenzuola o parure sofisticate.
  5. Last but not least: è un letto che non ha bisogno di essere rifatto.

Nella forma ideale, l’amaca assumerà la forma di un sorriso o di una banana. In questo stato, la colonna vertebrale mantiene la sua curvatura naturale e il corpo tende ad accovacciarsi in posizione fetale.

Come ci si sale?

L’amaca si appende a circa un metro e mezzo da terra. Si appoggiano le braccia all’interno, nella parte centrale, e ci si issa per salire. A quel punto si sollevano anche le gambe e ci si sdraia longitudinalmente. Se le dimensioni lo consentono, ci si può anche sedere nella direzione della larghezza, usando il tessuto a mo’ di schienale.

Curiosità: 3 cose sull’amaca che forse non sapevi

  • In lingua italiana per lungo tempo fu usata anche la forma ‘hamac’, con la grafia taìna, lingua caraibica poi estinta. Così è attestata per esempio in Manzoni, I promessi sposi: «Renzo … vide sospeso per aria, e sostenuto da ritorte di rami, un graticcio, a foggia d’hamac; ma non si curò di salirvi».
  • Il 22 luglio ricorre l’Hammock World Day, ovvero la Giornata mondiale dell’amaca, istituita per stimolare la vita da campeggio e il contatto con la natura, contesti in cui l’amaca è più universalmente adottata (fonte Wired).
  • Forse l’uso più sorprendente dell’amaca nel corso della storia è il suo ruolo durante l’esplorazione dello spazio, negli anni ’60. Durante la spedizione sulla Luna dell’Apollo 11 nel luglio 1969, gli astronauti Neil Armstrong e Buzz Aldrin si ritirarono nella loro cabina dopo aver esplorato la superficie della luna, ma faticarono ad addormentarsi sul pavimento e sul coperchio del motore. Era chiaro alla National Aeronautics and Space Administration (NASA) che era necessaria una migliore opzione per dormire.
    Quindi, con il lancio dell’Apollo 12 nel novembre 1969, la NASA ideò una soluzione molto più comoda e leggera: le amache lunari. Dotate di cuscinetti di fissaggio in velcro e di coperte isolanti, queste amache hanno fornito agli astronauti molto più comfort, consentendo loro di riposare finalmente la notte.

* Da Hamacas y Chinchorros: tessuti venezuelana, catalogo dell’omonima mostra alla Casa Alejo Zuloaga, San Joaquín 2001, prefazione di Leonor Giménez de Mendoza.

Foto di copertina: Amaca Oriwaka tradizionale di Tintorero, Venezuela, ambientata in un giardino in Italia.

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