La Sardegna e il suo artigianato
La Sardegna è un’isola antica, che ospita la specie umana dagli albori e vanta millenni di tracce di storia. Indipendente per indole e geografia, è sempre stata orgogliosa della sua cultura, lingua e tradizioni, di cui l’artigianato è una testimonianza formidabile
In questo articolo
Sardegna, un’isola indipendente
La Sardegna è la seconda isola per estensione del Mar Mediterraneo e la terza più grande regione Italiana, una delle cinque a statuto speciale.
Si trova in mezzo al bacino ovest del Mediterraneo, più o meno equidistante tra Liguria, sud della Francia e isole Baleari. Dal punto di vista geologico è un suolo molto antico, tra le prime terre emerse d’Europa.
Le testimonianze della presenza umana risalgono al Paleolitico, qualche centinaio di migliaia di anni fa, ma il vero tesoro archeologico, straordinariamente conservato, è il patrimonio monumentale della civiltà nuragica, di circa 2000 anni fa.
Il carattere di insularità della Sardegna è accentuato dalla notevole distanza dalla terraferma: circa 188 chilometri dal punto più vicino in Italia (che i sardi chiamano “il continente”) e poco meno dalle coste tunisino-africane.
Proprio per questo è un’isola dal carattere molto indipendente, cosa che si riflette su ogni aspetto della sua cultura: dalla lingua al paesaggio alle tradizioni.
A dispetto di questo, in virtù delle sue ricchezze (i porti, il grano, le miniere) ha subìto circa 3000 anni di dominazioni e incursioni da parte di fenici, cartaginesi, romani, bizantini, arabi, genovesi, pisani, aragonesi e piemontesi, e da ciascuno di questi popoli ha tratto qualcosa.
Per anni le sue principali attività produttive sono state la pastorizia e l’agricoltura; dunque le comunità e le risorse economiche, per secoli, erano diffuse più nell’entroterra che sul litorale. Poi, a partire dalla seconda metà del Novecento, la costa è diventata protagonista, meta di turismo e speculazione edilizia, e il settore terziario è diventato prevalente, anche se spesso in mano a capitali e gestioni non sarde.
Dal punto di vista paesaggistico la Sardegna ha un ambiente incredibilmente ricco e vario, con territori disabitati e incontaminati, abbondanza di monumenti naturali, parchi e riserve protette. Convivono colline (a carattere però montuoso), montagne, altipiani, foreste, grotte, gole, cascate, coste rocciose, dune e insenature sabbiose con mare cristallino.
La vegetazione è mediterranea; la flora comprende specie tipiche europee, così come nordafricane e mediorientali. Sia in ambito di flora che di fauna la Sardegna vanta svariati ‘endemismi‘, ovvero specie presenti solo qui e non altrove; ciò è dovuto proprio all’isolamento geografico.
Sul fronte linguistico il sardo è considerato a tutti gli effetti una lingua (“sa limba”), figlia del latino e sorella dell’italiano, il cui vocabolario è stato in parte influenzato dalle lingue dei popoli conquistatori, come i catalani ad Alghero. Oggi la lingua sarda, che convive con i vari dialetti della regione, è considerata meritevole di tutela ed è stata reintrodotta nei percorsi didattici impartiti sull’isola.
La tradizione artigianale in Sardegna
Nato per rispondere alle esigenze di una società prevalentemente contadina e pastorale e, ancora prima, per assolvere a funzioni ritual-sacrali, l’artigianato sardo è uno dei più caratteristici e meglio conservati di tutta l’Italia.
Proprio in virtù del suo isolamento, ha preservato intatti i suoi tratti peculiari nel tempo, almeno fino agli anni Sessanta e Settanta del Novecento.
Pur con gli inevitabili scambi dovuti ai numerosi popoli arrivati dal mare, l’artigianato ha assunto in Sardegna caratteri di unicità rispetto a ogni altra regione italiana, sia per consistenza e diffusione del fenomeno, sia per il fatto di essere una delle principali forme creative dell’isola, tanto che non sarebbe esagerato definire quella sarda come una vera e propria civiltà dell’artigianato.
Al suo proposito si può ben parlare di “arte popolare”: arte, perché carica di quella tensione creativa che è propria dell’invenzione artistica; popolare, perché, dietro alla mano del singolo esprime la tradizione di un’intera comunità, se non di un intero popolo. Non per niente la “sardità” dell’oggetto è un marchio di riconoscimento, fortemento identitario, che anticipa qualsiasi altro.
Vi si riscontrano alcuni tratti, comuni a tutte le tecniche e i mestieri:
- arcaismo tecnico e stilistico, legato all’insularità
- funzionalità legata al vissuto della civiltà contadina
- semplicità e assenza di compiacimento edonistico
- staticità delle figure decorative nello spazio, anche nell’esprimere il movimento (esemplari le figurine rigidamente allineate nel ballo)
- tipicità di molte materie prime adoperate: lane, erbe, argille, legno, corallo, ecc.
Si tratta di un patrimonio culturale non solo materiale, ma anche e soprattutto immateriale, fatto di prassi, rappresentazioni e conoscenze che le comunità hanno tramandato di generazione in generazione, sempre in dialogo con il proprio presente.
A partire dalla seconda metà del Novecento, complici alcune benemerite iniziative di valorizzazione, l’opera artigiana è uscita dalle mura domestiche e dalle collezioni museali per affacciarsi sul mercato. Così l’artigianato sardo ha saputo oltrepassare il folclore, nobilitare le origini pratiche e reinterpretare i propri canoni estetici alla luce della contemporaneità.
Per il momento ci concentreremo solo sulla tessitura, per affrontare in seguito le altre arti (ceramica, intarsio e intaglio), via via che le collezioni Oriwaka ne ospiteranno degli elementi.
La tessitura in Sardegna
Un’attività specializzata a livello familiare
La tessitura è una delle espressioni più antiche dell’arte popolare sarda.
Caratterizzata da specificità proprie e tratti fortemente identitari, è stata anche influenzata da tutte le culture e gli stili dei popoli mediterranei con cui è entrata in contatto.
È una pratica diffusa su tutta l’isola fin da tempi più remoti, strettamente connessa alle necessità domestiche e alle risorse derivanti da allevamento e agricoltura, che erano le attività produttive principali fino al secolo scorso.
Il commercio dei tessuti è testimoniato fin dall’età romana e senz’altro l’abbondanza della lana ne ha favorito lo sviluppo, anche se da sola non basta a giustificare una tale ricchezza e ampiezza di produzione, che deve evidentemente qualcosa al talento creativo proprio di questo popolo.
Quest’arte povera ha sempre fatto parte, nei secoli, del bagaglio di attività e di conoscenze di ogni famiglia, esercitata da quasi tutte le donne di ogni ceto sociale e tramandata per secoli di madre in figlia. Il lavoro al telaio era un momento della giornata in cui ci si riposava, si rifletteva e si trasmettevano le storie di famiglia e del luogo.
È ragionevole pensare che ci fosse un telaio in ogni casa, per creare gli oggetti utili alla vita di tutti i giorni. La possibilità di barattarli con altri prodotti si sviluppò quasi naturalmente man mano che la vita sociale andò articolandosi.
In origine i manufatti erano quelli tipici della tessitura popolare. Le donne tessevano per realizzare i propri abiti, le bisacce e il corredo nuziale fatto di coperte, tovaglie, biancheria, tappeti, scendiletto e alcune stoffe decorative. La cassapanca in legno, uno dei pochi mobili di casa, veniva coperta con una striscia di tessuto colorato e finemente decorato.
Al di là della produzione radicata a livello familiare, non mancavano artigiane specializzate che davano vita a iniziative più corporative e imprenditoriali.
A partire dagli anni Settanta furono istituiti dei corsi di formazione e create cooperative. I piccoli telai vennero sostituiti con quelli più grandi e si creò così una rete commerciale di vendita e contatti, adeguando il prodotto ai gusti del tempo.
Da allora si iniziarono a produrre nuovi tipi di manufatti come tende, cuscini, asciugapiatti, presine, tovaglie, asciugamani, in grado di inserirsi armonicamente sia nell’arredamento classico che in quello contemporaneo.
I filati
La principale fibra tessile tradizionale è la lana di pecora, un tempo abbondante come sottoprodotto dei numerosi allevamenti ovini. Agli uomini spettava la tosatura delle greggi, alle donne la cardatura, lavorazione, tintura e tessitura del filo.
Le altre fibre utilizzate sono di origine vegetale: lino, cotone e, fino ai primi del Novecento, canapa. Il lino era prodotto sull’isola fino al secolo scorso, mentre oggi viene per lo più importato; il cotone è raramente prodotto in loco (i tentativi di coltivazione della pianta sono più volte falliti). Casi eccezionali sono rappresentati dalla tessitura della seta e del bisso marino.
Fino al secondo dopoguerra la colorazione dei filati veniva fatta dalle sapienti mani delle stesse tessitrici con piante tintorie autoctone (foglie, fiori, cortecce e radici di arbusti della macchia mediterranea) oppure minerali e terre locali. Poi questa tradizione è scomparsa per far spazio alle moderne tecnologie e ai coloranti all’anilina. Solo in tempi recenti essa è stata ripresa da alcuni laboratori.
Telai e tecniche di tessitura
Tessere significa intrecciare trama e ordito al telaio. L’ordito è l’insieme dei fili avvolti intorno a un cilindro (“subbio”) che si srotola di fronte a chi tesse, mentre la trama è data dai fili che vengono fatti passare a mano nell’ordito per mezzo di una spola o navetta. Alcuni telai sono dotati di battitura meccanica che facilita un po’ il lavoro, lasciando inalterato il resto dell’opera manuale.
La Sardegna quasi ogni paese ha uno stile di tessitura caratteristico, una sua propria tradizione e un modo speciale di decorare.
Sull’isola vengono usati due tipi di telai, quello verticale e quello orizzontale.
Si attribuisce un’origine più arcaica al telaio verticale, che ha una struttura più semplice; nel tempo la sua ampiezza è aumentata: da una larghezza massima dei 75 cm dei telai di una volta oggi ci sono telai, e di conseguenza tessuti, che superano i 200 cm di larghezza.
Le tecniche di tessitura possono essere diverse, ecco le principali:
- La tessitura piana o “liscia”, considerata la più antica perché più essenziale, realizzata con telai verticali. Si ottiene battendo i fili di trama con forza sull’ordito, fino a nasconderli completamente. Dato che in questo caso il colore del tessuto è determinato dai soli fili di trama, l’ordito può essere anche di colore diverso: monocromo, screziato o grezzo naturale. È lo stile tipico dei paesi che praticano la tessitura da più tempo, per esempio la Barbagia, ed è utilizzato per la produzione di grandi coperte, decorate con la tecnica delle trame sovrapposte (“a bagas”). L’ornamentazione è molto stilizzata e spesso astratta.
- La tessitura a grani, detti “pibiones”, o “a ranu”, realizzata con telai orizzontali, caratterizzata da motivi in rilievo a forma di acini d’uva. La trama viene avvolta, in più giri a seconda del disegno, sopra un apposito ferro collocato sulla parte anteriore del tessuto; al successivo passaggio di spola la trama più sottile viene lanciata e serrata sulla precedente, che viene così bloccata; a questo punto i ferri vengono estratti lasciando sporgere, sul diritto del tessuto, nodini di filato formati dalle trame di maggior spessore. L’insieme dei corsi di trama realizzati in questo modo crea il motivo ornamentale. È una tecnica presente in tutta la regione ma diffusa soprattutto nella parte centro-occidentale; splendidi lavori si trovano a Samugheo, Villamassargia, Giba e Bonorva. Vi si ottengono tappeti, tende, coperte in lana, cotone e lino, federe di cuscini incredibilmente resistenti all’usura.
- La tessitura “a puntu”, ossia a punto, con i suoi smaglianti effetti di ricamo messi al servizio di arazzi fantasiosi e tappeti coloratissimi.
- La tessitura a “un in dente”, cioè un filo per ogni dente, grazie alla quale passa un filo di ordito in ogni dente del pettine.
Poi ci sono altre espressioni, che descrivono in modo più generico le modalità di lavorazione, per es. “a littos” indica che la lavorazione è fatta sul telaio orizzontale a quattro licci (i pettini che sollevano i fili di ordito per farci passare dentro la navetta), usata in genere per i tappeti. O anche “battoro in posta” che significa che le trame intrecciano gli orditi ogni quattro fili.
Insomma un’incredibile ricchezza di tecniche e lavorazioni.
Le decorazioni
Nella tessitura sarda l’elemento decorativo è uno degli aspetti più caratterizzanti.
Nei diversi manufatti ricorrono gli stessi motivi, quasi a sottolineare un alfabeto comune di ideogrammi di partenza che vengono custoditi e ritrasmessi con orgoglio.
Il repertorio dei motivi tradizionali e delle loro combinazioni è immenso ed esprime un linguaggio arcaico fortemente simbolico. Le decorazioni spaziano dalle figure geometriche (il rombo, la clessidra, la greca) alle raffigurazioni della flora (la vite, l’olivo, Il melograno, la ghianda, il fiore) e dalla fauna (il cavallo, il bue, gli uccelli, le pavoncelle), agli emblemi araldici (l’Aquila bicipite, i castelli, i candelieri, gli ostensori, i leoni, i grifoni, la palma, la fontana).
È stimato che i motivi e simboli ricorrenti nella tessitura sarda superino il centinaio: quasi cento motivi-simboli e più di venti mustras (“sas mustras” sono decorazioni più elaborate che raffigurano scene di caccia o di festa).
La straordinaria varietà degli elementi decorativi deriva da una serie di apporti culturali di civiltà diverse, approdati in Sardegna nei modi più disparati, dunque ricostruire la storia di ogni motivo o figura è impossibile.
Dobbiamo immaginare il Mediterraneo come un bacino di peregrinazioni e contaminazioni che hanno portato con sé figure, fogge, colori che si sono poi insediati e stratificati nella tradizione dell’arte isolana.
Al momento della decorazione il tessuto diventa la tela d’un quadro: l’artigiana distende in modo fantasioso le figure stilizzate che eredita dalla tradizione e le combina con la propria creatività, rendendo così il manufatto unico.
La cooperativa Su Trobasciu a Mogoro
Trobasciu è una cooperativa di tessitrici che ha sede a Mogoro (OR), sulle colline a sud-est di Oristano, a poca distanza dalla piana campidanese.
La produzione delle artigiane, al momento sette, non procede più solo dagli insegnamenti materni e dalla consuetudine familiare, ma si basa anche sulla ricerca scrupolosa del passato e sul recupero colto della tradizione, combinata con la fantasia e creatività individuale. Non mancano collaborazioni con progettisti e designer, con cui si elaborano manufatti in bilico tra passato e presente, tra arcaismi e contemporaneità.
Il laboratorio è molto attivo anche nella didattica ed è un punto di riferimento regionale per l’arte della tessitura.
La lavorazione avviene esclusivamente su telai manuali di differenti dimensioni.
Le tecniche principali adottate sono quella a bagas, molto laboriosa e raffinata, destinata soprattutto agli arazzi, e a pibiones, con le decorazioni a rilievo ad acini d’uva. Alla collezione di arazzi si affianca quella di tappeti e di tessuti per l’arredo della casa come cuscini, copritavoli, asciugamani e altro.
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