Un albero così speciale non può avere un solo nome, i più usati sono buritì, canangucho, mirití, palma real, aguaje. La palma Moriche cresce in aree diverse, nelle zone umide dell’America Latina. Il suo tronco è decorato da migliaia di prelibati frutti, rossi e carnosi. Da questa pianta si ricava anche un olio usato in cucina e in ambito cosmetico. La sua fibra si usa per realizzare oggetti di uso comune. Insomma non è un semplice albero, è un elemento naturale portentoso, ecco perché viene chiamato l’albero della vita.

Senza Moriche non esiste Warao.

La palma Moriche, orijù, è l’albero sacro per i Warao. Da questo albero ottengono tutto il necessario per vivere: cibo, riparo, fibre e ombra. Con le foglie adulte tessono il tetto delle loro case, lo janokos. Dai germogli giovani raccolgono i fili, jau, che lasciano essiccare al vento e intrecciano per creare manufatti di uso quotidiano. Dal cuore della palma, inoltre, recuperano una delle loro principali e più apprezzate fonti di proteine: il verme Moriche.

 

Dove cresce il Moriche

La snella silhouette del Moriche, con il tronco nudo e il verde pennacchio di grandi e utili foglie, cresce spontaneamente in macchie lungo i fiumi e in zone paludose del sud-est del Venezuela, nei territori dell’Amazzonia e negli stati di Bolívar, Anzoátegui, Monagas e Delta Amacuro. 

Per la sua bellezza merita il titolo di principe del regno vegetale, con cui sono state battezzate le palme. A completare la sua struttura definita ci sono i grappoli di frutti, con una corteccia brillante di colore marrone rossastro che sembra essere stata lavorata a mano. È una specie autoctona del nord del Sud America.

Caratteristiche del Moriche

Nome scientifico – Mauritia flexuosa
Nome comune – Palma Moriche

La palma Moriche appartiene alle Arecaceae. Ha un fusto color caffelatte che si flette per 20-35 m. Dalle foglie si estrae una fibra morbida, elastica e resistente usata per realizzare corde, ceste, amache: oggetti unici su cui si fonda l’economia e la sopravvivenza di intere popolazioni. La chioma è composta da una dozzina di foglie con un rachide lungo 2,5 m. La palma produce grappoli con più di mille frutti rosso scuro, ciascuno lungo da 5 a 7 cm e con un diametro di 5 cm. 

 

Il mito di Amalivaca e la creazione del mondo

Amalivaca, il creatore, dopo una grande inondazione partì, in canoa con suo fratello Vochi, per esplorare il mondo e sistemare i danni del diluvio. L’inondazione aveva coperto tutto, distrutto le case, sradicato gli alberi, gli abitanti annegati, tronchi e animali galleggiavano dappertutto. Mentre percorrevano la zona, videro che era sopravvissuta solo una coppia di umani che si era salvata arrampicandosi sulla catena montuosa di fronte al fiume, fino a raggiungere l’altissima roccia Tepumereme. Stanchi e spaventati, dopo molti giorni, credevano ormai di morire quando videro avvicinarsi una canoa. Quando Amalivaca e i suoi raggiunsero la roccia Tepumereme, il potente dio disegnò le figure del sole e della luna. In quell’istante, cominciò a ricostruire il mondo aiutato dal fratello. Si stabilirono in una caverna nella montagna. Poi ordinò alle acque del fiume di tornare al loro corso e di scorrere dalla montagna verso il mare, e al vento di soffiare dal mare verso la montagna. Amalivaca suonò il suo tamburo di pietra e cantò: “Sono venuto dall’altro lato del fiume e voglio che voi ripopoliate la terra”. “Come faremo noi soli a diventare presto tanti come eravamo?” Chiesero i giovani. “Prendete i frutti dell’unica palma Moriche rimasta, che è l’albero della vita, e lanciateli indietro sopra le vostre teste”.

La coppia obbedì. Presero i semi e, dalla grande montagna, li dispersero lanciandoli verso il mondo. Da ogni seme caduto sulla terra si formava un uomo e una donna. Da loro nacquero le nuove generazioni. Dopo aver ordinato la nuova creazione, Amalivaka, padre originale dei Tamanaco, si imbarcò nuovamente, risalì la corrente dell’Orinoco e se ne andò per non tornare mai più.

I discendenti di Amalivaka, gente coraggiosa, costruirono churuatas, prepararono la terra e la seminarono con mais, tessero chincheros, fecero utensili da cucina, pescarono, cacciarono, prepararono cibo, celebrarono festività, si adornarono con piume di pappagallo, elaborarono flauti e tamburi per cantare e ballare in onore di Amalivaka.

Questa leggenda è alla base del testo di un testo Warao che dice: “Noi Guarao amiamo moltissimo il Moriche come se fosse nostra madre. Dalle Moriche abbiamo quasi tutto, il cibo, la casa, il letto, la pedana per ballare e altre cose.”

Moriche: proprietà e usi

Le popolazioni native consumano da sempre il frutto della palma di Moriche: l’aguaje che ha una polpa molto nutriente. L’Aguaje si mangia fresco oppure si trasforma in bevande gustose.

Da questa pianta si estrae anche un olio usato da solo o per preparare dolci simili al torrone.
L’olio di buritì, si usa anche in ambito cosmetico: mantiene la pelle tonica grazie alle sue proprietà energizzanti ed emollienti. Inoltre, ha un’efficace protezione solare, mantenendo la pelle idratata ed elastica e i capelli morbidi e lucenti.

Mi piace pensare che la fibra di Moriche prenda vita proprio dalle mani degli artigiani indigeni venezuelani: i Warao.

I Warao

Il termine Warao significa popolo dell’acqua o delle barche. Oggi la popolazione indigena dei Waraos conta circa 25.000 persone, distribuite negli Stati di Delta Amacuro e Monagas, nelle aree adiacenti alle foci dei canali del Delta dell’Orinoco. Le loro case sono situate parallelamente al fiume, con il tetto di paglia ricoperto dalla palma, e costruite su palafitte, in modo tale che il pavimento sia sempre al di sopra della marea più alta.

Convivere con la natura

Le attività tradizionali di sussistenza dei Warao sono la pesca, la caccia e la raccolta di frutti e radici selvatiche. La conservazione del Moriche è fondamentale per la sopravvivenza delle economie della regione amazzonica. Infatti da questa pianta si ricava la materia prima per produrre abitazioni, cibo, medicine, amache e legno per le canoe.

I Warao dormono in amache, realizzate dalle donne attraverso una laboriosa lavorazione e tessitura della fibra della palma Moriche. A causa del loro ambiente acquatico, uno dei beni più preziosi dei Warao è la curiara o canoa, che intagliano interamente dal tronco di un albero. La cultura di queste popolazioni indigene è legata a doppio filo con la palma Moriche, che fornisce loro cibo, bevande, riparo, ornamenti e un riparo per dormire, come l’amaca.  

Le amache di Tintorero

© Senade Paiva.

Artigiani esperti generazione dopo generazione

I Warao, uno dei gruppi indigeni più creativi, creano oggetti, unici e irripetibili, con le loro mani. Secondo i lavori di archeologia condotti nello Stato del Delta Amacuro, è stato recuperato un gran numero di pezzi di ceramica, il che dimostra che già migliaia di anni fa i Waraos erano artigiani esperti in questa specialità. Oggi continuano a essere eccellenti artigiani, utilizzando materiali vegetali come la palma Moriche, la bora o pianta galleggiante del giacinto d’acqua e il legno dell’albero sangrito. Realizzano amache, cesti, collane, figure di animali e altri oggetti intagliati nel legno o tessuti con fibre vegetali.

L’amaca e la fibra Moriche

L’amaca è un bene essenziale per i Warao, non è un elemento decorativo o un oggetto che ti coccola quando sei stanco. In Venezuela si usa per dormire, quando si trascorre la notte all’aperto si può trasportare facilmente. Spesso si usa per avvolgere il corpo del defunto. La fibra di palma di Moriche è elastica e morbida. Infatti l’amaca avvolge il corpo in una carezza che si fonde con l’aroma erboso della giungla.

Le amache Oriwaka si adattano a qualsiasi stile e stanno bene all’interno o all’esterno, magari sul patio. Queste amache sono opere artigianali uniche, è impossibile trovarne una identica a un’altra. Non esiste un modello standardizzato, come per la produzione in serie, per dimensione o decoro. Sono totalmente naturali, per le strisce decorative si usano tinture naturali ricavate da cortecce ed erbe del luogo.

La lavorazione delle Moriche è una tradizione autoctona, piuttosto ancestrale, che si tramanda di generazione in generazione. Per i Warao, l’elaborazione delle amache è stata per secoli il sostentamento delle loro famiglie.

Il lavoro è distribuito in questo modo: 

  • gli uomini scelgono e tagliano le fronde della palma. Proprio perché questa pianta è considerata l’albero della vita, i Warao, prima di tagliare le foglie per utilizzarle, fanno delle offerte all’anaconda, incaricata di proteggere gli spazi acquatici. 
  • Le donne sbucciano le fibre, le fanno bollire e le intrecciano per ottenere i fili con cui realizzeranno le amache. I fili si formano attorcigliando uno a uno le sottili strisce ricavate dalle foglie del Moriche. Una volta pronti i fili tessono le amache su telai verticali in legno.

L’estrazione della fibra di Moriche

La fibra si estrae dal cuore della palma Moriche. Dopo l’estrazione si lava con acqua calda per eliminare le impurità; quindi si mette ad asciugare al sole e poi si inizia a filare.

Il filato si realizza a mano: si strofinano le fibre, una per una, sulla gamba, poi si uniscono tra loro se necessario (a seconda delle dimensioni dell’amaca) con un nodo impalpabile alle estremità; è un’arte. Con le fibre armate, si fanno i gomitoli e si passano a un telaio verticale.

Non è facile ottenere queste amache fatte a mano al 100%, ma abbiamo il privilegio di offrirvi alcuni pezzi che i nostri cari artigiani ci inviano e che consideriamo essenziali nella nostra collezione di amache. Le donne Warao hanno preservato la loro cultura millenaria con l’artigianato: hanno condiviso di generazione in generazione le tecniche di produzione di cesti, vasi, cappelli, borse, vassoi e altri oggetti in fibra di Moriche.

Lavorazione della fibra di Moriche

Uno degli usi più interessanti e preziosi del Moriche è la lavorazione della fibra, che si estrae principalmente dalle foglie della palma. Questo processo è laborioso e richiede una conoscenza profonda delle tecniche tradizionali trasmesse di generazione in generazione.

Processo di lavorazione, di un artigiano Warao, della fibra di Moriche:

  • Raccolta delle Foglie: Il primo passo nella produzione di fibra di Moriche è la raccolta delle foglie mature della palma. Queste foglie vengono selezionate con cura per assicurare che siano di buona qualità. (lavoro eseguito unicamente dagli uomini)
  • Preparazione delle Foglie: Una volta raccolte, le foglie vengono separate  in strisce lunghe e sottili, processo che può essere eseguito utilizzando coltelli affilati o semplicemente usando le unghie.
  • Bollitura delle fibre: le fibre si fanno bollire per pochi minuti , si ritirano e si strizzano.
  • Essiccazione: Le strisce di foglia vengono essiccate al sole per diversi giorni. Questo passaggio è cruciale per ridurre il contenuto di umidità delle foglie e prepararle per il passo successivo del processo.
  • Filatura: Le fibre pulite e secche vengono filate a mano attorcigliandosi lungo la gamba.

 

Oriwaka è nato anche per sostenere, proteggere e conservare la cultura antica di una popolazione estremamente vulnerabile quella dei Warao venezuelani. Acquistare questi oggetti di artigianato vuol dire contribuire allo sviluppo di una catena di produzione artigianale e generare reddito per le artigiane e le loro famiglie.

Nella giungla del bacino dell’Orinoco, in Venezuela, gli artigiani tribali Warao si dedicano ancora a mestieri ancestrali. Realizzano amache riconosciute come le migliori, in termini di qualità ed estetica, al mondo. Un’amaca fatta solo con le fronde della palma Moriche.

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